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LA COMUNICAZIONE IN AMBITO EDUCATIVO

02-02-2025 00:20

Annamaria Colombo

PUBBLICAZIONI,

LA COMUNICAZIONE IN AMBITO EDUCATIVO

di Dott. Annamaria Colombo

L’atto educativo è caratterizzato dal coinvolgimento reciproco degli interlocutori, la comunicazione tra loro è frutto di diversi fattori interpersonali ed è guidata da scopi impliciti nell’intenzionalità̀ di chi comunica.
Senza tener presenti questi elementi non è possibile costruire una relazione educativa sostenuta da una buona comunicazione, soprattutto in situazioni di difficoltà di comprensione ed espressione del messaggio a causa di una disabilità.
Il concetto di comunicazione ha assunto nel tempo un significato diverso a seconda dei differenti modelli interpretativi che le varie discipline hanno formulato per rappresentarne le caratteristiche, le funzioni e le tipologie.
Dal punto di vista pedagogico i tre aspetti più significativi sono: l’intenzionalità, la reciprocità e la dimensione interpersonale.

 

La reciprocità
Il primo elemento della comunicazione educativa riguarda il concetto di reciprocità: per comunicare è necessaria la presenza di due interlocutori, ma il ruolo che questi hanno nel processo comunicativo ha assunto nel tempo diverse connotazioni.
Negli anni ‘50, Shannon e Weaver, hanno illustrato il fenomeno comunicativo con un modello di tipo lineare, paragonandolo alla trasmissione d’informazione telegrafica: esiste un emittente, colui che manda un messaggio attraverso un codice; un canale tramite cui passa il messaggio e uno strumento, che decodifica il messaggio traducendolo in un codice comprensibile, che arriva ad un destinatario. Il modello informazionale illustra gli elementi strutturali che sono presenti in un processo comunica- tivo, sottolineando l’importanza del codice comunicativo che per essere efficace deve poter essere compreso sia dall’emittente che dal ricevente. Questo modello, nel tempo, non ha saputo spiegare l’interdipendenza e le variabili che entrano in gioco nel fenomeno comunicativo interpersonale, che prevede che i ruoli di emittente e ricevente si alternino in uno scambio circolare più complesso, all’in- terno di un contesto che influenza tutta la dinamica comunicativa.
Il modello comunicativo-contestuale, prende in considerazione la globalità dell’atto comunicativo, attraverso il coinvolgimento di più codici linguistici, appartenenti a segnali verbali e non verbali, che, insieme, concorrono alla costruzione del messaggio, nella circolarità dell’interazione fra emittente e destinatario.

È stato importante il contributo di Wittgenstein che afferma che “il significato delle parole è dato dal loro uso”: il messaggio non viene trasmesso in una sola direzione, ma è frutto del continuo interfaccia tra l’intenzione comunicativa dell’emittente e la comprensione del destinatario, che dipende dalla capacità di entrambi di sapersi spostare dal proprio punto di vista per cercare di comprendere quello dell’altro.
Il principio della reciprocità diventa essenziale nella dimensione educativa in cui la disponibilità all’ascolto e la comprensione empatica dell’altro sono caratteristiche fondamentali per la costruzione di una relazione dialogica basilare nella dimensione autentica dell’educare. Canevaro, afferma: “io ho una mia identità originale, così come l’altro ha una sua identità originale; il nostro incontro rivela e fa sì che io abbia qualcosa dell’altro, e l’altro abbia qualcosa di me”.
Nello scambio comunicativo, il messaggio trasmesso ritorna a chi l’ha prodotto modificato, in un’ite- razione unica e creativa che fa sì che qualcosa dell’altro entri dentro di me e qualcosa di me entri nell’altro, assumendo una dimensione di reciprocità che necessita il coinvolgimento di entrambi gli interlocutori.

 

La dimensione interpersonale
Un terzo elemento che caratterizza l’atto comunicativo è la dimensione interpersonale, fattore essen- ziale che unisce l’Io e il Tu facendolo diventare Noi.
La Teoria dei Sistemi considera l’atto comunicativo un sistema le cui parti sono in un rapporto di continua interdipendenza, per cui il cambiamento di una singola parte ha una ripercussione su tutti gli elementi che lo compongono.
Ogni individuo, infatti, è un micro-mondo composto da un sistema di strutture interdipendenti il cui funzionamento dipende dall’interazione di tutte le dimensioni presenti; nell’incontro con un altro in- dividuo i due sistemi, governati ognuno da un insieme di processi, entrano in relazione tra di loro. I due micro-mondi sono a loro volta immersi in un’atmosfera relazionale, caratterizzata da regole, aspettative e cornici culturali e sociali, per cui la comunicazione interpersonale può essere considerata un incontro tra micro-mondi all’interno
di un meso-mondo immerso, a sua volta, in un macro-mondo. In questo senso, gli individui coinvolti nel processo comunicativo fanno parte di un sistema relazionale a sua volta facente parte di sistemi sovraordinati in grado di influenzare in vario modo i processi comunicativi in atto tra di loro.
La prospettiva ecologica-sistemica ha sottolineato l’importanza del ruolo del contesto nei rapporti interpersonali, comprendente sia la dimensione soggettiva intrapersonale, ossia tutti i fattori che de- terminano la costruzione da parte dell’individuo di una propria visione del mondo, sia la dimensione interpersonale, riguardante tutte le dinamiche nella relazione tra gli individui, sia la dimensione so- ciale e culturale, considerando l’influenza che ha nella condivisione e nella costruzione di significati comuni.

Per approfondire i diversi elementi da cui dipende l’efficacia della comunicazione, si fa riferimento a Watzlawitck, Beavin, Jakson, della Scuola di Palo Alto, che hanno analizzato l’aspetto pragmatico della comunicazione e le sue implicazioni nelle relazioni interpersonali. Partendo dallo studio dei comportamenti delle persone affette da schizofrenia e interpretandoli come un insieme di messaggi aventi un loro preciso significato che poteva essere compreso collocandolo all’interno del loro con- testo originario. Da queste prime intuizioni sono stati formulati cinque assiomi, che descrivono le caratteristiche fondamentali di tutti i processi comunicativi e delle possibili derivazioni patologiche. Il primo assioma afferma che “è impossibile non comunicare”, ovvero, l’intero comportamento umano è, anche, comunicazione e, poiché non è possibile non avere dei comportamenti, ne consegue che non si può non comunicare. In ambito educativo questo primo assioma ha diverse implicazioni nell’interpretazione di quei comportamenti che apparentemente sembrano non avere un significato: il silenzio può affermare la volontà di non interagire, o ancora, la sfiducia nella possibilità di poter essere capito o ascoltato. Soprattutto nelle situazioni in cui non è presente un linguaggio verbale, prestare attenzione ai segnali che comunica attraverso i comportamenti, è fondamentale per ricono- scere la volontà̀ della persona d’interagire ed esprimere preferenze, gusti, interessi. Dato che ogni comportamento è un messaggio, esso è sempre seguito da una risposta, che può essere di conferma, se nell’esprime accettazione, legittimità al messaggio dell’altro, attraverso una risposta di assenso, d’incoraggiamento; oppure di rifiuto, che si manifesta in una non accettazione, una non condivisione di quanto è stato detto; oppure di disconferma nel senso che non prende in considerazione il messag- gio, ma lo nega, devia discorso, finge di non capire, non riconosce l’altro come soggetto.

Il secondo assioma sostiene che “ogni comunicazione ha un aspetto di contenuto e un aspetto di re- lazione; in modo che il secondo classifica il primo ed è quindi meta-comunicazione”; il contenuto, le informazioni che si trasmettono durante il processo comunicativo, hanno un effetto diverso a seconda del tipo di rapporto che esiste tra i due comunicanti, la relazione, e che suggerisce come dev’essere interpretato il messaggio. Quando il vincolo relazionale è implicitamente concordato l’attenzione può focalizzarsi sul contenuto, mentre, nelle situazioni di rifiuto o disconferma, lo sfondo relazionale diventa oggetto di contrapposizione ed il contenuto diventa secondario. Quando succede questo, è necessario evidenziare i diversi aspetti ed affrontarli separatamente.
Il terzo assioma recita che “la natura di una relazione dipende dalla punteggiatura delle sequenze comunicative tra i comunicanti”: lo svolgimento di una comunicazione dipende dai comportamenti che i comunicanti mettono in atto durante la sequenza comunicativa. I ruoli dei comunicanti non sono rigidi, ma flessibili, potendo ciascuno assumere alternativamente quello di emittente o ricevente a seconda della sequenza considerata e dal punto di vista con cui si sceglie di osservarla; soprattutto in quei casi in cui sono presenti più interlocutori, ad esempio durante riunioni con più soggetti, la man- cata condivisione della punteggiatura, può portare ad un fallimento della comunicazione.
Il quarto assioma si riferisce alla natura della comunicazione umana, che si esprime “sia con un mo- dulo numerico, che con uno analogico”: il modello numerico, o verbale, si caratterizza per la sua natura logica e per l’efficacia nel trasmettere il contenuto di un’informazione; quello analogico, o non verbale, riguarda gli aspetti della mimica, della gestualità̀, i movimenti del corpo, che sono meno controllabili e trasmettono con maggiore immediatezza il clima relazionale. Le persone che non hanno sviluppato totalmente, o sono in assenza del codice verbale, acquisiscono capacità compensa- tive negli aspetti analogici, sia nella comprensione che nella produzione, diventando più sensibili a cogliere il significato del messaggio.
Il quinto assioma definisce la natura dell’interazione: “tutti gli scambi di comunicazione sono sim- metrici o complementari a seconda che siano basati sull’uguaglianza o sulla differenza”. Se la rela- zione si struttura sull’uguaglianza viene definita simmetrica e i due interlocutori assumono una parità di ruolo, mentre, se si basa sulla differenza, c’è disparità comunicativa e uno dei due membri assume una posizione dominante, mentre l’altro ha un ruolo subordinato.

Questi assiomi costituiscono tutt’oggi un valido riferimento per decodificare la complessità delle di- namiche della relazione interpersonale ed individuare le strategie per favorire la costruzione di una relazione educativa.

 

L’intenzionalità
Il terzo elemento evidenziato nel rapporto tra comunicazione ed educazione è l’intenzionalità.
Uno scambio comunicativo corretto prevede che l’emittente utilizzi in maniera intenzionale un segno per riferirsi ad uno specifico significato, che desidera comunicare al destinatario. Qui entrano in gioco due aspetti dell’intenzionalità: il primo, rispetto al messaggio che si vuole inviare, il secondo riguarda la volontà che questo messaggio sia comunicato ad un destinatario. L’efficacia della comunicazione si realizza se l’emittente produce un messaggio adeguato al significato che vuole trasmettere e se il destinatario riconosce l’intenzione per cui è stato mandato quel messaggio per poi rispondere in modo adeguata; comunicare, infatti, non significa semplicemente rispondere a dei segnali, bensì, afferrare dei significati trasmessi da altri, implicando riflessione, anticipazioni, aspettative e creatività̀.
Per non essere lasciata al caso, o al flusso degli eventi, l’azione e la comunicazione educativa devono sempre avere presente la finalità̀ ultima dell’educazione, potremmo chiamarlo un macro-obiettivo: ossia accompagnare l’altro al suo poter Essere e alla sua potenzialità̀ di divenire.

L’educazione, nel suo duplice significato etimologico di educere, nel senso di “tirar fuori, trarre alla luce” ed edere, “allevare, nutrire, alimentare”, è innanzitutto l’incontro tra due esseri che, uscendo dall’isolamento individuale, tracciano segni di comunicazione che danno forma ad una relazione.
Si deduce che non è possibile educare se non c’è comunicazione: le parole, i gesti, gli sguardi, sono tutti quei segni che consentono di costruire un legame tra due individualità̀, consentendo all’individuo a uscire dall’isolamento e dal silenzio.

 

 

Dott. Annamaria Colombo

Responsabile dei Centri di Riabilitazione Logopedia e Counseling a Brescia, Logopedista e Counse- lor. Insegna presso lo Ostheopatic Spine Center Education a Bologna, al Master in Psicopedagogia Clinica Aniped a Brescia e al Master in Programmazione Neurolinguistica e Comunicazione del Centro Formativo Sistemico FormAti a Milano, formatrice per il Centro Studi Erickson di Trento. Svolge intensa attività di formazione nell’ambito della voce e del linguaggio, ha insegnato negli Ate- nei di Brescia, Bologna e L'Aquila.
È autrice del volume La Voce che insegna, ELS La Scuola Morcelliana, Brescia 2016 che propone un percorso di allenamento vocale per insegnanti, formatori ed educatori e ha fondato #Voceprofes- sionale® che si occupa della tutela della voce come strumento di lavoro e nella professione.

 

BIBLIOGRAFIA
•    J. Lyons, Manuale di semantica. Sistemi semiotici, Bari, Laterza, 1980 17
•    C. Shannon e W. Weaver (1949) in E. Chieli, Teorie e tecniche della comunicazione interperso- nale, Milano, Franco Angeli, 2004
•    R. Sidoli, Incontri felici con le parole. Il linguaggio tra educazione e disabilità, Brescia, La Scuola, 2001
•    P. Watzlawick, J.H. Beavin, D.D. Jackson, Pragmatica della comunicazione umana.
•    L. Wittegenstein, Grammatica filosofica, Firenze, La Nuova Italia, 1990
•    Canevaro, J. Gaudreau, L’educazione degli handicappati, Roma, La Nuova Italia Scientifica, 1990, p.40
 

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