Se si parte dal presupposto che il cervello umano non è cambiato negli ultimi 10000- 15000 anni, si afferma che non è cambiata neanche la struttura di base che organizza quel cervello, il genoma.
Probabilmente se un bambino del paleolitico venisse inserito nelle nostre aule, per il maestro non cambierebbe la possibilità di insegnare, anche se risulta importante capire che l’epigenoma può essere stato mutato nell’interazione con l’ambiente.
La cultura e l’educazione sono responsabili di ciò in cui ci si trasforma. Si trasmette attraverso la cultura ciò che differenzia l’uomo e la donna d’oggi da quelli del paleolitico inferiore.
Grazie alla cultura di oggi dove si conosce di più il pensiero critico, analitico e creativo, la cultura sta cambiando ciò che prima era considerato come prodotto del pensiero magico.
C’è stato un risveglio di fronte all’importanza che assume l’educazione, così come un risveglio dell’interesse che si ha nel conoscere come funziona il cervello.
Quest’organo è il responsabile di ciò che siamo, pensiamo e sentiamo. Il cervello non è la persona. E’ l’interrelazione che c’è tra quest’organo con le altre parti del corpo e gli organi che lo compongono, perché questo corpo libera peptidi che vanno ad alimentare le membrane del cervello e modulano il sistema emozionale, il sistema limbico.
L’uomo è ciò che è, in quanto ci sono molti altri essere umani con cui interagisce, in quanto si vive in una cultura caratterizzata da interscambi costanti. Tutti siamo differenti. Non esiste un cervello che sia uguale ad un altro. L’importante è scoprire che esiste una fame, che si costituisce in sfida per l’educazione riconoscendo le basi scientifiche che rappresenta il processo di educare il pensiero critico, analitico e creativo attraverso il metodo scientifico. Questa rappresenta la base della neuro pedagogia.
Fino ai tre anni i bambini possiedono il pensiero magico, dato che ancora non si manifesta la memoria esplicita. Il bambino non chiederà solo che cosa sono, ma anche chi l’ha fatto, basandosi su una interpretazione animista, soprannaturale, magica. Il pensiero magico sussiste fino ai sei/sette anni, dove poi si inizia a incontrare con il pensiero critico.
Bisogna conoscere l’evoluzione del cervello umano per riuscire a comprender come apprende e percepisce il bambino. Questo aiuta nel capire quando sarà la miglior età per iniziare a leggere e questa non può avvenire prima dei sei/sette anni perchè la struttura sinaptica non è matura per collegare fonema
- grafema. E’ vero che esistono bambini che imparano a leggere anche ai tre anni però devono essere considerati l’eccezione e non la regola così come i bambini che leggono agli otto/nove anni. Bisogna sempre aiutare ai bambini a scoprire le cose che risultano interessanti, senza soffrire.
In questo stesso contesto devono apparire l’insegnamento di valori e regole di comportamento. I valori si iniziano ad insegnare ai tre anni ed è da qui che il bambino inizia i processi di cambiamento a livello fisico, fisiologico, emotivo, dove si modificano e si sedimentano dal punto di vista neuronale questi valori, facendo in modo che al momento della tormenta neuronale della pubertà ed adolescenza, si costituisca la base strutturale di ciò che rappresenta la parola rispetto, ad esempio.
Dai tre anni è possibile iniziare a creare una responsabilità della propria risposta, la quale risulta fondamentale nella conquista dell’autosufficienza per fare in modo di non dipendere mai dagli altri. Bisogna educare al controllo dell’impulsività e lavorare sui meccanismi di autoregolazione già da quando si è bambini per evitare che i comportamenti appaiano dirompenti nell’adolescenza.
Le finestre plastiche sono molto importanti. Quella per eccellenza è costituita dal linguaggio. Un bambino che non inizia a parlare entro i sette anni non imparerà più perché vengono bloccati meccanismi che sono predisposti per farlo in un determinato periodo. Ad esempio, il caso di Johanson il bambino che aveva vissuto con i lupi, non riusciva ad eseguire gli atti motori semplici di un essere umano come aprire la porta con la maniglia dove si richiedono complessi sistemi di coordinamento, così come il riconoscersi umano nella relazione. Questo bambino morì agli otto anni per la sua incapacità di acquisire i patroni di comportamenti umani.
Diverso risulta il caso dell’apprendere a leggere, perché risulta un artifizio umano, è complicato e ha bisogno di molto tempo di pratica per raggiungere la rapidità . L’imparare a leggere ruba la specializzazione alle zone visive adibite al riconoscimento dei volti per riconoscere le differenze tra le lettere.
Non bisogna dimenticare che si può solo insegnare con la gioia. Non si deve apprendere con dolore. L’allegria attiva il sistema umano di ricompensa, il quale, muove dei neurotrasmettitori che spronano a ripetere l’azione che dà gratificazione. Per ripeterlo bisogna essere molto ricompensati. Il sistema di ricompensa è presente in tutti i mammiferi; ciò significa che il dolore crea rifiuto.
Il substrato di tutti questi meccanismi è l’emozione: ciò che fa sentire vivi gli umani.
Perché la neuropedagogia ancora non è portata in aula? Perché si hanno ancora pochi dati scientifici. E’ bene che si inizi a produrne per evitare di credere ai falsi miti che vengono venduti. Il futuro vedrà la nascita del 65% di nuove professioni, tra le quali quella del neuropedagogista. Questa diverrà l’opportunità che tanto si attende da anni da parte delle scienze
dell’educazione, formazione, ecc. le quali finalmente avranno una categoria di appartenenza e condivisione scientifica.
Nel Centro di Reti Educative ad Assistenza Scolastica (C.R.E.A. Insieme) abbiamo già creato i presupposti e la struttura. Si declinerà in realtà quando le figure dell’educazione diventeranno parte integrante e responsabili di portare avanti quest’ispirazione e messaggio condiviso con tutti. Questa è la nostra aspirazione e il nostro invito.
Se si parte dal presupposto che il cervello umano non è cambiato negli ultimi 10000- 15000 anni, si afferma che non è cambiata neanche la struttura di base che organizza quel cervello, il genoma.
Probabilmente se un bambino del paleolitico venisse inserito nelle nostre aule, per il maestro non cambierebbe la possibilità di insegnare, anche se risulta importante capire che l’epigenoma può essere stato mutato nell’interazione con l’ambiente.
La cultura e l’educazione sono responsabili di ciò in cui ci si trasforma. Si trasmette attraverso la cultura ciò che differenzia l’uomo e la donna d’oggi da quelli del paleolitico inferiore.
Grazie alla cultura di oggi dove si conosce di più il pensiero critico, analitico e creativo, la cultura sta cambiando ciò che prima era considerato come prodotto del pensiero magico.
C’è stato un risveglio di fronte all’importanza che assume l’educazione, così come un risveglio dell’interesse che si ha nel conoscere come funziona il cervello.
Quest’organo è il responsabile di ciò che siamo, pensiamo e sentiamo. Il cervello non è la persona. E’ l’interrelazione che c’è tra quest’organo con le altre parti del corpo e gli organi che lo compongono, perché questo corpo libera peptidi che vanno ad alimentare le membrane del cervello e modulano il sistema emozionale, il sistema limbico.
L’uomo è ciò che è, in quanto ci sono molti altri essere umani con cui interagisce, in quanto si vive in una cultura caratterizzata da interscambi costanti. Tutti siamo differenti. Non esiste un cervello che sia uguale ad un altro. L’importante è scoprire che esiste una fame, che si costituisce in sfida per l’educazione riconoscendo le basi scientifiche che rappresenta il processo di educare il pensiero critico, analitico e creativo attraverso il metodo scientifico. Questa rappresenta la base della neuropedagogia.
Fino ai tre anni i bambini possiedono il pensiero magico, dato che ancora non si manifesta la memoria esplicita. Il bambino non chiederà solo che cosa sono, ma anche chi l’ha fatto, basandosi su una interpretazione animista, sopranaturale, magica. Il pensiero magico sussiste fino ai sei/sette anni, dove poi si inizia a incontrare con il pensiero critico.
Bisogna conoscere l’evoluzione del cervello umano per riuscire a comprender come apprende e percepisce il bambino. Questo aiuta nel capire quando sarà la miglior età per iniziare a leggere e questa non può avvenire prima dei sei/sette anni perchè la struttura sinaptica non è matura per collegare fonema
- grafema. E’ vero che esistono bambini che imparano a leggere anche ai tre anni però devono essere considerati l’eccezione e non la regola così come i
bambini che leggono agli otto/nove anni. Bisogna sempre aiutare ai bambini a scoprire le cose che risultano interessanti, senza soffrire.
In questo stesso contesto devono apparire l’insegnamento di valori e regole di comportamento. I valori si iniziano ad insegnare ai tre anni ed è da qui che il bambino inizia i processi di cambiamento a livello fisico, fisiologico, emotivo, dove si modificano e si sedimentano dal punto di vista neuronale questi valori, facendo in modo che al momento della tormenta neuronale della pubertà ed adolescenza, si costituisca la base strutturale di ciò che rappresenta la parola rispetto, ad esempio.
Dai tre anni è possibile iniziare a creare una responsabilità della propria risposta, la quale risulta fondamentale nella conquista dell’autosufficienza per fare in modo di non dipendere mai dagli altri. Bisogna educare al controllo dell’impulsività e lavorare sui meccanismi di autoregolazione già da quando si è bambini per evitare che i comportamenti appaiano dirompenti nell’adolescenza.
Le finestre plastiche sono molto importanti. Quella per eccellenza è costituita dal linguaggio. Un bambino che non inizia a parlare entro i sette anni non imparerà più perché vengono bloccati meccanismi che sono predisposti per farlo in un determinato periodo. Ad esempio, il caso di Johanson il bambino che aveva vissuto con i lupi, non riusciva ad eseguire gli atti motori semplici di un essere umano come aprire la porta con la maniglia dove si richiedono complessi sistemi di coordinamento, così come il riconoscersi umano nella relazione. Questo bambino morì agli otto anni per la sua incapacità di acquisire i patroni di comportamenti umani.
Diverso risulta il caso dell’apprendere a leggere, perché risulta un artifizio umano, è complicato e ha bisogno di molto tempo di pratica per raggiungere la rapidità . L’imparare a leggere ruba la specializzazione alle zone visive adibite al riconoscimento dei volti per riconoscere le differenze tra le lettere.
Non bisogna dimenticare che si può solo insegnare con la gioia. Non si deve apprendere con dolore. L’allegria attiva il sistema umano di ricompensa, il quale, muove dei neurotrasmettitori che spronano a ripetere l’azione che dà gratificazione. Per ripeterlo bisogna essere molto ricompensati. Il sistema di ricompensa è presente in tutti i mammiferi; ciò significa che il dolore crea rifiuto.
Il substrato di tutti questi meccanismi è l’emozione: ciò che fa sentire vivi gli umani.
Perché la neuropedagogia ancora non è portata in aula? Perché si hanno ancora pochi dati scientifici. E’ bene che si inizi a produrne per evitare di credere ai falsi miti che vengono venduti. Il futuro vedrà la nascita del 65% di nuove professioni, tra le quali quella del neuropedagogista. Questa diverrà l’opportunità che tanto si attende da anni da parte delle scienze
dell’educazione, formazione, ecc. le quali finalmente avranno una categoria di appartenenza e condivisione scientifica.
Nel Centro di Reti Educative ad Assistenza Scolastica (C.R.E.A. Insieme) abbiamo già creato i presupposti e la struttura. Si declinerà in realtà quando le figure dell’educazione diventeranno parte integrante e responsabili di portare avanti quest’ispirazione e messaggio condiviso con tutti. Questa è la nostra aspirazione e il nostro invito.
Dott.ssa Claudia M. Gomez
Mamma, Pedagogista Clinica, Coach
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